Apple Kiss è la brutta ma brutta copia di Facebook

Come ogni volta che qualcosa di nuovo nasce, attira curiosità. Diciamo che per volerne sapere di più su Apple Kiss – a partire dal nome – ci voleva molta buona volontà. Ma tant’è. 

Lo vendono come “il nuovo Social network italiano” e invece si rivela l’ennesimo parco divertimenti per marpioni pigri. Certo, la presentazione “un posto dove scrivere Apple e inviare Kiss” non prometteva granché. Il teaser sembra uno spot della Jeep. Il logo quello di un succo di frutta.

Ma l’ho scaricato, perché nonostante tutto ero curiosa di vedere cosa avesse da offrire. Ecco: Kiss da emeriti sconosciuti. Come immagino sia Tinder, ma meno circoscritto. Molesto come talvolta Periscope sa essere nel svelarti finestre sulle egocentriche quotidianità altrui. Inutile come un poke (mai capito a cosa servano).

Almeno Facebook era nuovo, quando è nato. Apple Kiss non ha fatto lo sforzo di rottura in niente: ha l’aggiornamento di stato, gli album, i video, impacchettati in una grafica 1.0. Aggiunge i blog (“non erano morti?”) e il fatto di coinvolgere sconosciuti sconosciuti e sconosciuti. Wow. Ne sentivo proprio il bisogno. Quando si dice “la preveggenza dei nuovi media”. Ah, non si dice?

Appunto.

Il NYT ti scrive tutto sul Papa in Sudamerica.. Su WhatsApp

In onore di Papa Francesco. Il New York Times ha colto l’occasione del suo viaggio sudamericano per sperimentare il lancio di notizie via Whatsapp. Per leggerle basta aggiungere in rubrica il numero 347-346-3429 e mandare un messaggio con scritto “Pope”: da subito si ricevono a flusso continuo gli aggiornamenti sul viaggio del Pontefice in Sud America. Dove si sposta, quanta gente lo acclama, i suoi discorsi e le analisi del corrispondente da Roma Jim Yardley.

  
Dopo il servizio simile della BBC per i lettori in viaggio nei Paesi con Ebola, questo esperimento di narrazione in tempo reale del NYT sposta l’asticella di quello che si intende per “nuove piattaforme di distribuzione delle news”. Whatsapp conta oltre 800 milioni di utenti attivi ogni mese, è gratuito e necessariamente stringato, senza fronzoli, come tanti lanci di agenzia. Ancora non ci sono dati su quanto successo abbia ottenuto il servizio, ma di certo la possibilità di scrivere “unsubscribe” per uscire dalla chat è rassicurante. Le potenzialità sono enormi: un servizio simile ai vecchi abbonamenti sms, ma con un glamour quasi Dagospia.

8 cose di cui un sito di news non può fare a meno, di Valerio Bassan

macchine da scrivere

Una homepage personalizzata, bacheche di articoli a seconda dell’umore e articoli embeddabili. Valerio Bassan, giornalista digitale, ha raccolto in un articolo “Le 8 funzioni a cui un sito di news non può rinunciare“, pubblicato sul sito dell’European Journalism Observatory e ripreso anche dal The Post Internazionale. Una base interessante per ragionare su cosa non funziona nei siti di news italiani, la maggior parte dei quali riesce a soddisfare al massimo due o tre di quei requisiti.

Comincia così:

La tecnologia è fondamentale nella ricerca della sostenibilità da parte dei giornali. La lista che segue raccoglie alcune delle funzioni con cui ogni giornale digitale dovrebbe sperimentare: non comprende né verità assolute, né innovazioni rivoluzionarie, ma solo alcuni semplici suggerimenti che possono migliorare la user experience online dei lettori, sfruttando le opportunità offerte dalla tecnologia.

Si può continuare a leggere qui.

La morte del posto fisso vi farà guadagnare di più

freelanceL’importante è poter scegliere, no? Il giornalismo digitale ha creato nuove opportunità lavorative: posti vacanti per giovani reporter molto ‘digital oriented’. Secondo l’ultimo report di Pew sullo stato dei media, Huffington Post, Politico e altri 28 tra i principali siti di news internazionali hanno creato oltre 5000 nuovi posti di lavoro full time. Anche perché i nuovi giornalisti sono tendenzialmente più rassegnati a lavorare per più ore a prezzi inferiori.

pew report 2014Più opportunità ha significato però, parallelamente, più disponibilità a cambiare posto. “Job hopping“, lo chiamano gli anglosassoni. Dato che il posto fisso è diventata una bestia rara, i più bravi sanno fiutare le alternative e cambiare barca al momento giusto. Vanno a caccia di nuove sfide e di più alti compensi. Una mobilità competitiva e sana che dovrebbe, dicono alcuni esperti, contribuire a innalzare i salari medi: “Se non altro questa tendenza dovrebbe innalzare i salari al livello di venti anni fa”, è il commento di Slade Sohmer, direttore editoriale di Mic, un sito di news per Millennials, dove l’età media dei redattori è 27 anni.

Un altro vantaggio/svantaggio lavorativo per i nuovi giornalisti è l’opportunità di lavorare da casa e quindi con più flessibilità. Anche tematica, nel caso dei freelance. Secondo un sondaggio dell’Università di Devry, Us, il 30% degli intervistati mette al primo posto di importanza l’opportunità di lavorare a progetti “significativi”, mentre i soldi vengono dopo.

I contro di questa situazione non sfuggono a nessuno: instabilità economica, incapacità di concepire progetti a lunga durata, la quantità di aggregazione e rielaborazione di materiale online che supera la ricerca di informazioni per vie indipendenti. “I giovani giornalisti non vedono l’ora di mettersi a fare del buon giornalismo, e restano delusi quando gli viene richiesto di produrre in serie 10 storie di contenuti aggregati”, ha commentato Julie Hartenstein, responsabile dei career services alla scuola di giornalismo della Columbia University. “Inoltre non la si può certo chiamare una ‘età dell’oro’ se non si arriva nemmeno a pagare le bollette”.

La salute di Internet nel 2015: il report di Mary Meeker

  

Lo ha riassunto in 196 slide con grafici, foto ed elenchi puntati. Mary Meeker, la analista nota come “Regina del Web”, ha raccolto i dati della crescita e dello sviluppo di internet nel 2015: come va il traffico mobile, come si adattano le app, chi naviga, dove e  quanto.

Qualche spunto: 

– il 73% della popolazione ha un telefono cellulare

– internet influenza più di tutto il resto i consumatori, ma meno di tutto il resto la politica e i governi; 

– si usa internet nel 22% del mondo, di cui il 69% da mobile; 

– la pubblicità su mobile è il 14% e costa ancora molto meno di quella su carta stampata; 

– il 29% delle cose che guardiamo sullo schermo (video, gallery, news…) è in formato verticale; 

– l’87% dei Millennials americani non si separa mai dallo smartphone e il 44% fa almeno una foto al giorno; 

– più di 400 aziende statunitensi usano droni per il commercio; 

– l’India è il Paese dove internet sta crescendo di più.

FDBortoli lascia il Corriere e firma Gmail

  
Un buon Direttore lo riconosce dall’uscita di scena. Per Ferruccio De Bortoli è l’ultimo giorno di direzione al Corriere. Un periodo lungo 12 anni (6+6).

Ieri il Direttore ha fatto il giro delle redazioni locali, e sul sito del Corriere è comparso il video di saluto ai suoi più stretti collaboratori in via Solferino, nell’antica stanza che accoglie le riunioni di redazione. Il lungo tavolo di legno, le pagine storiche del giornale incorniciate sul muro. La frase “Il merito è di tutti voi. Gli errori – non pochi – sono tutti miei”. Il lungo applauso. Taciuto con un incorreggibile “Basta, grazie, così mi commuovo. Buon lavoro”.

Mancava soltanto il saluto ai lettori, firmato questa mattina a pagina 35 del Corriere. Occasione anche per ribadire le critiche durissime a Renzi (“un maleducato di talento”) e i numeri del giornale negli ultimi anni (“sul sito 2milioni di utenti unici al giorno, più 30milioni di pagine viste”). E gli ideali di libertà e indipendenza che un giornale dovrebbe rispettare (“le opinioni vanno rispettate. Tutte”).

Il saluto di un grande Direttore. La conferma nella firma di questo saluto stampato: un indirizzo email che non appartiene più ad alcuna testata, normalizzato. Niente più “@rcs”, come tutti i giornalisti del Corriere. Ma @gmail.com , come tutti i lettori.

  

Blasting News, il fondatore Andrea Manfredi spiega come funziona

blasting news

“Facciamo numeri grandi, ma siamo giovani e abbiamo tanto da imparare”

Meglio chiarirlo subito: il modello di Blasting News è nuovo e in via di sviluppo. E i dubbi non mancano, su una piattaforma internazionale presente in 33 paesi che promuove un citizen journalism “responsabilizzato”. Il principio è uno ed è governato dal Seo: più cliccano sul tuo pezzo più tu guadagni. Senza censure né sugli autori né sui contenuti: “Se qualcuno è disposto a leggere quello che tu scrivi, noi siamo disposti a pagarti”. Conseguenze più immediate: tutti – anche quelli che scrivono di Isis – fanno titoli attira-click. E poi si tende a riempire la pagina di pezzi che i click li attirano facilmente (anche noi di #terzacolonna lo ammettiamo, non proprio di prima utilità). Senza contare che gli autori non sono giornalisti, ma potenzialmente chiunque (la libertà di stampa!).

Abbiamo fatto al fondatore Andrea Manfredi qualche domanda

Ma non ci sono limiti agli argomenti su cui si può scrivere?

Solo due: le opinioni (e non i fatti) e i contenuti promozionali.

Quanti siete? C’è un desk?

Non esiste una redazione fisica, fissa. E’ un “meccanismo cloud” per cui i collaboratori, selezionati tramite l’invio di un “pezzo prova”, lavorano da casa propria. Alcuni responsabili poi correggono i pezzi, ma non c’è un desk – anche lì – fisico.

Ma possono scrivere tutti, proprio tutti? (anche mia mamma? Il dubbio è che scrivano anche incompetenti e pazzi)

Sì, tutti ma proprio tutti devono avere l’opportunità. Dopo di ché ci sono dei passaggi successivi di correzione dei pezzi.

E li pagate, quelli che scrivono?

A: Sì, è un sistema meritocratico che si basa sulle visualizzazioni. Si va da 8 euro per quelli meno letti a un massimo di 150 per quelli più “di successo”. E poi anche in base all’argomento: sappiamo che un articolo sulla cellulite raccoglie click più facilmente di uno di politica o di economia. Perciò i primi “costano” meno dei secondi. Un esempio concreto? Un pezzo su come e dove seguire il moto gp ultimamente, ad esempio, è valso 150euro.

Quanti articoli pubblicate al giorno?

Tra 250 e 300, in Italia.

Top stories su Facebook dell’ultimo anno? Trova l’intruso

The-Weather-Man

Io all’#ijf15 non ci sono stata. Ho seguito le dirette su Twitter – con l’impressione di sbirciare da dietro la tenda a fondo sala – e mi sono fatta raccontare aneddoti, impressioni e resoconti da chi si è mosso per andarci. Mi hanno parlato di Zerocalcare che si guardava le scarpe, di Snowden in skype call e dei Negramaro che si sono persi per tornare a casa, chi a Roma chi a Milano. Qualcuno ha intervistato ospiti d’élite altri hanno fatto baccano. Tutti hanno twittato.

Con un tweet Francesco Zaffarano mi ha fatto sapere- “MI” si fa per dire, l’ha detto al pubblico – quali sono state le storie più seguite (commentate, seguite, likate, condivise) su Facebook nell’ultimo anno. L’ho trovato interessante:

Zaffarano Twitter

  1. Charlie Hebdo;
  2. lo schianto del volo Germanwings;
  3. l’omicidio del dissidente russo Nemetsov;
  4. le elezioni in Israele;
  5. i Grammy Awards;
  6. il meteo invernale nel New England, Usa.

Una lista rassicurante: nessun gattino, nota appunto Zaffarano. Ma quel “meteo invernale in New England”… Ammetto di avere controllato (“Magari è un’espressione che indica un qualche disastro metereologico specifico di cui sono rimasta all’oscuro”) prima di mettermi a sogghignare. Prima dei gattini condivisi c’era il meteo: un argomento vacuo di cui chiunque poteva conversare senza impegno. “Bel tempo oggi, eh! Ma domani piove. Anche nel New England”. A volte ritornano.

#terzacolonna

Che gente gira su Periscope? Un bilancio

 

Per gli amici c’è Facebook, per le notizie c’è Twitter, per le foto dei pasti c’è Instagram… per tutto il resto c’è Periscope, “il periscopio”. Quale resto? Un tramonto in Sardegna o a Parigi, il marito di Jessica che si fa il nodo alla cravatta, la gatta di Marly che si rotola sul divano… Ma anche una sparatoria in tribunale. La app per video-streaming di Twitter ti permette di “esplorare il mondo attraverso gli occhi di qualcun altro” ed è stata presentata come una novità che potrebbe cambiare il modo di fare informazione; resta da capire come.

Le potenzialità ci sono. Periscope permette di trasmettere i propri video live, gratis e pubblicamente. È un sistema intuitivo, più difficile a spiegarsi che a farsi. Poche regole: tenere il telefono in verticale durante le riprese, dare titoli internazionalmente comprensibili e scegliere con cura chi seguire e cosa guardare. Secondo Topsy Analyticsnegli ultimi trenta giorni Periscope è stato richiamato in 300mila tweet, 51mila solo lo scorso 26 marzo quando è stato lanciato. Ogni giorno vanno live una media di 20mila utenti, una cifra in crescita.

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